Il muro e l’appropriazione umana dello spazio | Claudio Mazzanti

C’era una volta lo spazio: naturale, selvaggio, originario. Distese di terra, montagne, vegetazione, fiumi, mari… Gli esseri viventi si muovevano in questo spazio denso di pericoli e di ostacoli, alla ricerca di cibo e di riparo. Ostacoli naturali, ripari naturali.

Finché un giorno, un animale più ambizioso degli altri, decise di non accettare più lo spazio così com’era. Volle essere lui a decidere dove mettere un ostacolo, dove costruire un riparo. Dove consentire il passaggio e dove impedirlo. Dove dividere, separare, escludere. Dove rinchiudere, difendere, proteggere. Era nato il muro.

Il muro è la prima e fondamentale appropriazione dello spazio da parte dell’uomo. Quello che prima era uno spazio costruito dalla natura secondo i suoi moti secolari, diventa col muro uno spazio definito dall’uomo. Il muro serve a definire lo spazio nel senso più ampio della parola definire, a partire dal suo etimologico significato di creare un confine (finis in latino), di determinare fissando limiti, e quindi anche di determinare il significato di un concetto, di una parola, di uno spazio.

Costruendo muri l’uomo decide come deve essere lo spazio.

A partire da questo gesto primigenio, che possiamo immaginare semplice, quasi fortuito, per noi oggi banale, come mettere qualche pietra davanti all’ingresso di una caverna per proteggersi, l’uomo comincia a considerare lo spazio come qualcosa di non dato per scontato, qualcosa su cui può intervenire per modificarlo, qualcosa di cui appropriarsi secondo le sue necessità, i suoi scopi, i suoi progetti.

In questo senso il muro è uno dei segnali del processo di appropriazione culturale della natura da parte dell’uomo. Appropriarsi nel senso di farla propria, non solo materialmente ma anche e prima di tutto mentalmente. Vuol dire poter pensare lo spazio non più solo come qualcosa in cui si è immersi, ma come qualcosa che si può modificare.
In archeologia esiste un modo di dire, che dà anche il titolo ad un recente libro di Eric H. Cline, “One stone is a stone. Two stones is a feature. Three Stones make a Wall”. Mettere tre pietre assieme è un lavoro che solo la specie Homo riesce a compiere, e basta questo piccolo indizio a identificarne la presenza. Tre pietre sono l’indizio di un progetto umano, di un’idea di come deve essere lo spazio, e quindi il mondo.

Ogni muro è figlio di un progetto, nasce con precise ragioni, e siccome costruire un muro non è poi così semplice, devono essere ragioni importanti per impegnarsi in questo sforzo. Allora, scorrere la storia del muro vuol dire passare in rassegna queste ragioni, gli obiettivi che Homo si è dato nel costruire muri.

Perciò in questo volume troverete una cronologia del muro (nel giornale allegato), sommaria ovviamente e parziale, ma sufficiente a dare un’idea di quanto varia e importante sia la storia di questo oggetto che accompagna l’umanità fin dai suoi albori.

Ma il muro non è un oggetto che si presta a una facile interpretazione, ad un significato univoco, ad una reductio ad unum. Per sua essenza il muro crea subito una duplicità, un’ambivalenza irriducibile: un muro non ha mai un lato solo. C’è un dentro e un fuori, si è sempre da una parte del muro e c’è sempre un’altra parte. C’è un al di qua e un al di là.

Scrive Bateson in Mente e Natura: “l’informazione… è una differenza che crea una differenza”. Sembra un’involontaria e bellissima descrizione di cosa sia un muro… una differenza che crea una differenza. E dalla differenza nasce l’informazione, il senso. Aggiungono Maturana e Varela in Autopoiesi e Cognizione: “Un universo nasce quando uno spazio è tagliato in due”. Eccolo qui, lo spazio che un qualsiasi muro divide in due, non è più un continuum uniforme, è diventato un universo pieno di senso, si è popolato di differenze e di significati generati da quelle tre pietre messe assieme.

Il muro è quindi essenzialmente ed inevitabilmente un limite, un confine che crea differenze, un oggetto duplice, che protegge e separa, difende ed esclude, comunica e nasconde. Non si lascia ridurre ad una semplice, univoca interpretazione. Ed in questo volume (e nella mostra da cui questo volume ha origine) abbiamo voluto proporre punti di vista diversissimi. Persone che si occupano dei più diversi ambiti guardano il muro da posizioni diverse, vedono cose diverse, parlano di muri diversi. Psicologi, sociologi, storici, semiotici, esperti di cinema e di ecologia, artisti. E poi opere d’arte, citazioni letterarie, canzoni, video, ecc. Vi troverete forse in un labirinto, questi muri vi accompagneranno in percorsi divergenti, per poi magari ritrovarvi ad incroci comuni, da cui ripartire in nuove direzioni. In fondo il labirinto è una specie di apologia del muro, un discorso in forma di architettura che il muro fa su stesso, avvolgendosi su sé stesso, un’orazione pietrificata sulla propria complessità e inafferrabilità.

Per orientarci in questo labirinto di muri abbiamo provato a proporre una mappa concettuale che, senza nessuna pretesa di precisione od esaustività, possa fornire una bussola, una guida sommaria che ciascuno potrà arricchire o declinare liberamente. Nella mappa concettuale sono indicate delle macro-categorie in cui abbiamo accorpato diversi ambiti e significati che si possono attribuire ai muri, anche in funzione di alcune loro caratteristiche fisiche e/o semantiche.

 

Mappa concettuale

Macro-categorie Caratteristiche Esempi
IL MURO FUNZIONALE Difesa, protezione Parete, Casa, Muro di cinta, Corte, Chiostro.
IL MURO MEMORIA Durata, permanenza Lapidi, Memoriali, Monumenti.
IL MURO POLITICO Separazione, confine Segregazione, Confini, Divisione, Privacy.
IL MURO PUBBLICO Visibilità, pubblicità Pubblicità, Bacheca, Status.
IL MURO ESPRESSIVO Materia, superficie Scritte, Graffiti, Murales, Street Art.
IL MURO SOCIALE Esclusione, ostacolo Ghetto, Discriminazione, Accessibilità
IL MURO PSICOLOGICO Isolamento, incomunicabilità Emarginazione, Tabù, Solitudine.

 

Ma anche se di muro si parla quotidianamente sui media di tutto il mondo, quella dei tanti muri contemporanei è una realtà spesso dimenticata o poco conosciuta. Ci si riferisce abitualmente sempre a quei muri che per ragioni simboliche, mediatiche, o di prossimità, sono più noti, ma troverete nel libro i tanti proliferati negli ultimi trent’anni. È proprio nell’epoca che siamo abituati a definire “dopo la caduta del muro” che nel mondo sono cresciuti muri di separazione ovunque. Ed è proprio nell’epoca che Bauman ha definito della società liquida che nasce il bisogno di costruire solidi muri. In realtà ogni singolo muro può partecipare di più categorie, può avere più significati o cambiarli nel corso della sua storia. Un muro nato per ragioni politiche può presto diventare un luogo su cui ci si esprime con scritte, disegni, graffiti, ma anche un supporto per la comunicazione pubblica (la pubblicità commerciale o comunicazioni istituzionali o annunci privati), e può finire come monumento o memoriale. Nella storia il muro ha assunto tutti questi significati (e probabilmente ciascuno può trovarne anche altri), anche se oggi l’attualità ci porta inevitabilmente a concentrarci sui significati politici e sociali del muro.

Peraltro, giova forse ricordare come un muro ce lo portiamo appresso ormai sempre e in ogni luogo. Quella pagina dei social network su cui tanti scrivono, postano, commentano… e che in italiano chiamiamo bacheca, non è altro che “the wall”. Ed è, dal punto di vista funzionale e semantico, un muro a tutti gli effetti: come sui muri si scrive, si comunica, ci si esprime. Si ricorda. Si espone. Ci si protegge. Ci si nasconde. E unendoci… ci separa.

Ma non dimentichiamo che il muro non è solo qualcosa che chiude e separa. Anzi, è proprio questo dividere, escludere, nascondere, che crea un’immediata e insopprimibile tensione. C’è qualcosa che ci spinge ad avventurarci in quegli “interminati spazi” di là dal muro, ed altrettanto c’è qualcosa che ci porta a cercare protezione fra le mura amiche, nel nostro angolo di mondo.
La mostra e questo volume si chiudono con due sculture di un’artista contemporaneo, Matteo Pugliese, personaggi a cavallo del muro, che vivono in un’irrisolta tensione di fuga e di rientro; non sapremo mai se stanno cercando disperatamente di uscire fuori e liberarsi dalla chiusura opprimente del muro, o se vogliono rientrarvi per godere della sua rassicurante protezione. Forse per sempre intrappolati, quei personaggi e noi stessi, nel muro da noi stessi creato.

Questo testo fa parte di The WALL Book, ed è stato scritto da Claudio Mazzanti, il curatore del libro

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