JAY-Z and Beyoncé al Louvre

 

Abbiamo già detto più di una volta che i musei oggi devono sempre trovare nuovi modi per avvicinare il pubblico, soprattutto quello più giovane.

Un’operazione davvero molto interessante è quella che ha fatto il Louvre con The Carters – ovvero Beyoncé e suo marito Jay-Z, personaggio poliedrico, imprenditore, producer, definito da alcuni il miglior rapper di tutti i tempi -. Questi simpatici ragazzotti americani per celebrare il loro matrimonio hanno pubblicato il loro primo album insieme, Everything Is Love, all’interno del quale c’è la traccia intitolata apeshit. Dove l’hanno girato questo video? In una location interessante e non banale… hanno pensato bene di girarlo al Museo del Louvre di Parigi. C’è chi può…

In pratica si sono chiusi per una notte nel museo e l’hanno trasformato in un grande set con tanto di ballerini, rappers e gargoyles umani.

Inutile dire che il risultato è strepitoso e il video ad oggi (ovvero a 2 mesi e mezzo dalla pubblicazione) ha realizzato ‘solamente’ 111.288.906 visualizzazioni.

Inutile anche dire che l’operazione ha suscitato non poche polemiche. Lo stesso Le Monde si è chiesto se il Louvre ha davvero bisogno di operazioni del genere… ma pensate un attimo (oltre magari ai soldi che si è insaccocciato per ‘prestare’ la location al duo) alla pubblicità pazzesca che si sono fatti, probabilmente nei confronti di un pubblico nuovo e più vasto di quello che tipicamente visiterebbe il Museo. Non solo. Hanno pensato bene di creare un tour ad hoc della durata di un’ora e mezza – intitolato appunto JAY-Z and Beyoncé at the Louvre – per far scoprire ai visitatori (probabilmente fans di The Carters) le 17 opere presenti nel video: pezzi di storia dell’arte come, ovviamente la Gioconda, la Nike di Samotracia, la Venere di Milo, la Pietà di Rosso Fiorentino.

Bisogna anche sottolineare che il Louvre e le opere che diventano protagoniste della narrazione ne escono davvero bene, si vedono dei particolari con una definizione pazzesca, perché la qualità di tutto il lavoro è davvero impressionante e il risultato finale è un prodotto di altissimo livello.

 

Il Museo non viene semplicemente usato come contenitore, c’è un rapporto costante fra la coreografia e le opere con continue citazioni e rimandi che rendono il lavoro dei Carters davvero molto interessante anche a livello artistico e culturale: i corpi dei ballerini diventano sculture, interpretano particolari dei quadri, possiamo trovare riferimenti ad altri artisti contemporanei: ad esempio la scena sullo scalone davanti alla Nike potrebbe essere tranquillamente un’opera di Vanessa Beecroft. Insomma, il video di Apeshit è sicuramente qualcosa che va al di là delle solite produzioni musicali perché riesce a innescare dei corto circuiti culturali mixando elementi estetici propri della musica pop nera alla classicità e alla sontuosità dell’arte museale, che non intimidisce assolutamente i due artisti che non sono proprio il massimo della sobrietà: spesso e volentieri sembrano loro stessi dei quadri barocchi staccati da qualche parete lì in giro.

Possiamo scorgere anche una sottile, ma neanche troppo, celebrazione dell’identità afroamericana, argomento molto caro ai Carters. Vediamo Jay-Z rappare davanti a La Zattera della Medusa di Théodore Géricault, dove l’artista sceglie deliberatamente di mettere, al centro nel punto più alto della composizione, un uomo di colore che sventola un panno bianco e rosso, opera molto politica che strizzava l’occhio all’abolizionismo che condannava la schiavitù e il commercio degli schiavi. Ma ricorda un po’ anche i naufragi contemporanei dei barconi che attraversano il mediterraneo, visto che su quella zattera da 150 che ne erano se ne salvarono solo 15.

I riferimenti sono davvero tantissimi. Se volete saperne di più c’è un articolo interessante di Maria Acciaro su thevision.com che vi racconta tutto quello che non avete colto nel video dei Carters, Apeshit

Ovviamente tutto comincia e finisce con la Gioconda, che rimane uno dei motivi principali per cui la maggior parte della gente va al Louvre.

Quello che più ci interessa sono i risvolti di immagine per il Museo che questa operazione gli ha abbastanza facilmente procurato. Un’operazione che colloca il Louvre un punto avanti a tutti gli altri anche per mentalità e strategia, che sa che anche se sei il Louvre non puoi permetterti di stare fermo e devi trovare sempre nuovi canali e modalità per continuare ad essere nel tempo il più grande museo del mondo.

Per cui il messaggio che va ai direttori dei musei, grandi e piccoli che siano, è sempre lo stesso: apriamo le porte delle nostre sale alle contaminazioni e togliamo le ragnatele dal nostro modo di comunicare l’arte e la cultura.

 

Ascolta il podcast del video:

 

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