Incendio al Museo di Rio de Janeiro. La solita tragedia annunciata?

Ho letto qualche giorno fa un post sul profilo del mio amico metese Gegé Lorenzano che riporta il disastro dell’incendio al Museo nazionale di Rio de Janeiro. Museo vecchissimo, aveva circa 200 anni e se contiamo che tutta la storia del Brasile ‘ammonta’ a circa 500 anni ci rendiamo conto di quanta ‘memoria’ possa essere andata persa.

La cosa bizzarra è che pur essendo il più grande museo di storia naturale dell’America latina, in 200 anni non era mai stato fatto un serio restauro. Una delle solite ‘tragedie annunciate’ alle quali noi italiani siamo così bene abituati: si sapeva bene che l’impianto antincendio non funzionava e addirittura negli anni ’90 avevano cominciato a pianificare il trasferimento di tutta la collezione da un’altra parte… dall’inizio degli anni ’90??? Con calma, mi raccomando…

Ma come tutti gli Stati che si rispettano, anche il Brasile anziché aumentare i fondi per velocizzare l’operazione, hanno pensato bene di tagliarli… [nebbia]

Questo disastro ci spinge quindi a fare alcune riflessioni.

  1. Quanto sia opportuno concentrare in un solo posto tanta roba e tutta così importante. Pensate se una cosa del genere succedesse al Louvre (ma magari in Francia non succede), o agli Uffizi… forse in futuro i Musei dovrebbero essere meno palazzoni monoblocco e più “cittadelle”, magari con tanti padiglioni tematici diffusi su un’area museale più o meno grande. Potrebbe essere un sistema più funzionale sia dal punto di vista gestionale e conservativo che da quello della fruizione. Il visitatore che vuole vedere solo gli scheletri dei dinosauri non deve pagare il biglietto per vedere altri 19 milioni di pezzi che non gli interessano.
  2. Quanto sia importante il processo di digitalizzazione dei Musei. Ad esempio in quello di Rio avevano le registrazioni di lingue parlate da popolazioni indigene estinte… se fossero state salvate su un Cloud adesso ci sarebbero ancora. Lavoro ovviamente di proporzioni immani, ma la tecnologia c’è, spesso e volentieri anche i volontari che darebbero volentieri una mano a fare servizi del genere pur di salvaguardare il nostro patrimonio… e soprattutto se mai si comincia…
  3. Ritorna il discorso della gestione pubblico/privato. Spesso gli Stati nazionali non sono assolutamente in grado di gestire questi patrimoni. E allora perché non farlo fare, con tutta la regolamentazione del caso, ovviamente, a imprenditori privati che siano di garantire la sicurezza adeguata e la giusta valorizzazione (anche economica)? Perché è sempre un cane che si morde la coda. Più il Museo è in grado di guadagnare, più si può dotare dei mezzi necessari per salvaguardare, conservare, studiare, ecc.

Una cosa interessante che, a margine della tragedia, ci fa notare il nostro Gegé Lorenzano nel suo post su Facebook è che Napoli, la Regione Campania e Meta di Sorrento (il paesello della Penisola Sorrentina nel quale ho trascorso tutta l’infanzia e l’adolescenza) hanno – o meglio avevano – delle grandi connessioni con il Brasile e soprattutto con quel museo. Non tutti sanno, infatti che la seconda imperatrice del Brasile era napoletana: Teresa Cristina di Borbone, figlia di Ferdinando II, che sposò Dom Pedro II: la storia è simpatica perché quando si seppe che Dom Pedro era in cerca, il Regno delle Due Sicilie offrì la mano di Teresa Cristina inviando un ritratto della ragazza che appariva bella e affascinante. Dom Pedro accetta, formalizza il fidanzamento e la nuova imperatrice consorte giunge in Brasile il 3 settembre 1843.

Purtroppo, quando ormai era troppo tardi si accorgono che il ritratto era stato un po’ photoshoppato e che la principessa non era proprio come gliel’avevano raccontata (piccola, un po’ sovrappeso, con il labbro inferiore all’Asburgo, ovvero un po’ pronunciato). A quel punto che vuoi fare??? Ormai te la devi sposare… e insomma, nonostante si sentisse un po’ preso per il culo, Dom Pedro cede al dovere e molto controvoglia acconsente al matrimonio.

Altra curiosità che ci riguarda è che nel Museo erano conservate diverse tele del grande pittore-marinista metese Eduardo De Martino – sul quale abbiamo pubblicato un bel libro a firma di Luigina De Vito Puglia qualche anno fa –  pittore sconosciuto ai più in Italia, ma invece molto apprezzato proprio in Brasile, ma anche nel Regno Unito dove divenne pittore ufficiale di corte. [nebbia]

Ma torniamo all’incendio. Ormai siamo nella fase delle dichiarazioni del tipo… è una grave perdita, la perdita è inestimabile, è andata in fumo la storia del Brasile… bla bla bla

La Bbc dice che il presidente brasiliano ha già avviato una campagna di fundraising tra grandi società e banche, per ricostruire il Museo. Il ministro della Cultura sostiene che vuole cercare anche aiuti internazionali e che sta parlando con l’Unesco. Il governo federale avrebbe stanziato una prima trance di 3,6 milioni di dollari per ricostruire il distrutto e ripristinare la collezione. Ripristinare la collezione???

Forse pensa che si possano restaurare anche le ceneri [nebbia]

Ma dico io: tutto questo, non potevano farlo prima??? Non potevano stanziare prima i soldi per dotare il Museo della sicurezza necessaria, non si potevano coinvolgere prima banche e società per restaurare la struttura, non si poteva parlare prima con l’Unesco per salvaguardare meglio la collezione?

Ci sarebbe stato tutto il tempo… rimane solo una triste domanda: ma perché ogni tanto non si cerca di prevenire invece che compiangere?

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