Il Mattino | Marineria sorrentina tra storia e gloria | di Vincenzo Aiello
De Simone, un brigantino a palo alto in mare.

De Simone, un brigantino a palo alto in mare.

Dopo l’unità d’Italia la cantieristica navale del Piano raggiunse il suo apice. Furono varati centinaia di bastimenti per la navigazione di lungo corso.
Gli armatori sorrentini consolidarono le loro posizioni sulle rotte per il Nord America e accrebbero la dimensione dei bastimenti adottando il brigantino a palo.

Il ‘palo’, l’albero di mezzana aggiunto rispetto al brigantino, non portava vele quadre come nei clipper inglesi, ma una grande randa aurica con controranda, a cui si aggiungevano rilevanti vele di straglio e fiocchi: questo permetteva un equipaggio ridotto e grande adattabilità alle condizioni di vento.

I brigantini a palo più grandi superavano i cinquanta metri di lunghezza in coperta e le 700 tonnellate di stazza. Questi bastimenti erano di casa nei porti di New York, Philadelfia, Mobile, Savannah, dove caricavano grano e petrolio in cassette destinati ai mercati europei.

Qualche anno fa abbiamo pubblicato un libro molto interessante curato da Massimo Maresca e Biagio Passaro che raccontava la storia della marineria della Penisola sorrentina: le principali società armatoriali, le scuole, le tradizioni familiari e intere comunità profondamente legate alle attività del mare. Vogliamo riproporvi in questa sede le principali tematiche trattate dal libro per condividere la storia di successo di un settore produttivo molto importante ancora oggi per l’intero paese.

Marineria-Penisola-sorrentina

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