Talking to Lorenzo Balbi: cosa significa essere direttori di un Museo.

Ha ancora senso pubblicare cataloghi d’arte? Ne parliamo con Lorenzo Balbi, direttore del Mambo di Bologna.

G: Ha ancora senso fare i libri cartacei, e perché?

L: Ho anche in questo una risposta ambivalente. In realtà sì, ha ancora senso. Perché comunque la memoria cartacea resiste. Le mostre passano ma i cataloghi restano. E comunque il catalogo monografico è ancora uno strumento per gli artisti, una sorta di consacrazione dell’artista. E quindi sì, ha ancora senso investire in progetti editoriali.

Dall’altro lato stiamo cercando di superare i modelli editoriali presenti. Per cui sia il catalogo di “That’s It”, che è in realtà un’opera: un artista ha partecipato alla mostra facendo il progetto del catalogo, e un altro artista ha fatto come opera la font del catalogo. Quindi anche il catalogo, il libro – è un libro più che un catalogo – diventa “uno spazio espositivo” ulteriore. E su quel modello sono state fatte diverse esperienze da quando sono qua. Quindi non è sempre il catalogo con la foto dell’opera e descrizione. Quello che c’è da superare non è tanto il catalogo cartaceo secondo me – che ha ancora una sua validità – quanto il “modello catalogo”.


G: Probabilmente lavorare sul contenuto in maniera differente. Perché oggi il contenuto vuole e deve forse essere più liquido. Noi per esempio stiamo lavorando molto su questo concetto, che non è più il contenitore la cosa importante, quindi la carta o il digitale – forse non bisogna fare neanche più questa distinzione – ma quello che vogliamo raccontare, che può essere sviscerato dalla carta al digitale.

L: Assolutamente. E poi sono occasioni. Io penso che il prodotto editoriale relativo ad una mostra sia un’occasione. Ad esempio Mika Rottenberg negli ultimi due anni ha avuto dodici cataloghi monografici, in sei lingue. E quindi quando si è trattato di pensare a fare un progetto, un prodotto editoriale che accompagnasse la mostra, ci siamo detti:”Che senso ha fare il tredicesimo catalogo in due anni del tuo lavoro?”. Tra l’altro Mika Rottenberg è del ’76, ha un portfolio ampio, però le opere alla fine sono quelle. Allora in quel caso lì abbiamo trovato un testo che Germano Celant  aveva scritto due anni fa su di lei, che non era mai stato pubblicato. Abbiamo pensato di fare un compendio alla mostra, un piccolo libro, si chiamano “Instant book”, una collana di libri che fa il Mambo in cui, in occasione di quella mostra, pubblichiamo quel testo. Un testo approfonditissimo, inedito, un’opportunità per dare un valore aggiunto alla mostra che non fosse il catalogo canonico. per la mostra di Julian Charrière stiamo lavorando di nuovo su questa dinamica: non sarà un catalogo opera/descrizione ma un prodotto completamente diverso. La gente che verrà avrà la possibilità di comprare un oggetto che non è di nuovo la mostra, ma ha una vita a sé stante.


G: Deve essere un libro con una vita a sé stante, e un contenuto che magari ti fa anche uscire fuori dalla carta, ti porta per altre strade. Voi avete una collana “Instant book”: noi invece abbiamo fatto un progetto – prendendo spunto dalla “New York Public Library” -, e facciamo gli “Instabook”, cioè i libri sfogliabili sulle stories di Instagram.

L: Questa cosa degli “Instant book” è stata pensata, progettata, da Franco Maraniello con l’ufficio editoriale interno del Mambo, che si occupa della veste grafica, dell’impaginazione e realizzazione del materiale, e che io ho continuato. Perché è un modello molto interessante, sono 5 euro e si sa che è uno strumento aggiuntivo. Devo dire che anche le vendite di questi oggetti funzionano molto bene.

Categories:

Tags:

No responses yet

Lascia un commento