L'altro capo del filo di Andrea Camilleri

 

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A quanti ‘Montalbano’ è arrivato Camilleri? Ha ancora senso recensirlo? Io il maestro di Porto Empedocle lo leggo perché mi diverte assaporare la sua lingua coltamente ibridata da quelle belle forme contadine, perché mi diverte in assoluto e perché asseconda quella corda che un altro maestro girgentano Leonardo Sciascia definiva ‘civile’. Quindi “L’altro capo del filo (pagg. 320, euro 14; Sellerio editrice)” è stata per me una lettura tridimensionalmente divertente, in riva al mare, mentre lo sciauro mi inchiva il ciriveddro di aria pura.

Cosa fa il 61enne Salvo Montalbano? E’ alle prese con la sua zita Livia che vorrebbe fargli confezionare un bel vestito nuovo da cerimonia per il rinnovo (?) di matrimonio di due loro amici. Mentre il commissario è alle prese con lo sbarco di pericolosi terroristi islamici: i poveri migranti africani e mediorientali che assaltano le coste della  Sicilia fuggendo con i loro occhi pieni di dignità e paura da guerre e carestie. In tutto questo busillis capita anche un’ammazzatina; uccidono la bella Elena, la sarta che avrebbe dovuto cucire l’agognato – da Livia – vestito per Salvo. Tutto gira attorno ad un pezzo di stoffa stracciato che si trova sul luogo del delitto nel salone dell’atelier della donna. Un particolare balla nel ciriveddro del commissario e riporta ad un pinsero che è come un serpente luminoso ma che solo nel solito cortocircuito degli ingranaggi non più tanto veloci dell’immaginazione di Montalbano si accende.

Sembrava un Camilleri diverso quello che avevamo appena finito di leggere e gustare come un sartù di riso con pesci di Adelina…: per la sua sopraggiunta cecità è la prima volta che Camilleri si serve di Valentina Alferj una collaboratrice creativa, quasi co-autrice. Il Fattore Borges direbbero gli amici di Sur della Minimum fax. Lunga vita al nuovo Camilleri ed alla sua nuova anima femminile.

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