Artefiera Bologna 2019. Tutto cambia…!?

Anche quest’anno ce l’ho fatta. Sono andato ad Artefiera!


Il mio rapporto con le fiere è di amore-odio.
Odio perché ogni volta che entro in una fiera dopo 20 minuti mi viene la depressione e il mal di schiena.
Amore perché, ovviamente, c’è sempre qualcosa di interessante da scoprire, in qualche modo è la fotografia di quello che c’è sul mercato in quel momento e, comunque, si respira un’energia positiva, piena di aspettative, se vogliamo anche intrigante.

Poi bisogna dire che Artefiera rimane comunque in cima alla classifica delle fiere italiane. Quest’anno con il cambio di direzione che ha preso in mano Simone Menegoi – ovviamente come è buon uso in Italia, fra mille polemiche – mi sembra che il risultato ci sia stato: Il layout degli stand mi è sembrato molto pulito ed elegante, all’altezza delle grandi fiere internazionali. Alto il livello delle opere. Molta fotografia, quasi zero video e installazioni… poco rischio, diciamo, ma immagino questa sia stata una scelta soprattutto dei galleristi, non lo so. Mi è sembrato che mancasse un po’ di coraggio di osare, ma forse questi non sono tempi arditi per cui probabilmente si cerca di mettere in piazza quello che si è più sicuri di riuscire a vendere. Come è giusto che sia, perché poi alla fine la fiera altro non è che un grande mercato, non dimentichiamocelo, per quanto vogliamo farlo passare per un grande evento culturale, cosa che ha provato a fare negli scorsi anni soprattutto Angela Vettese, alla fine sempre un mega centro commerciale di lusso rimane.

È un po’ da qui che nasce il mio odio, perché dopo un po’ provo quello stesso fastidio che provo nei mall. Tutto diventa troppo, dopo un po’ perdi concentrazione e hai gli occhi pieni di troppe cose e non riesci a guardare tutto con la sufficiente freschezza mentale che meriterebbe.

Non so come siano stati quest’anno i risultati in termini di pubblico e di vendita, fra qualche giorno lo sapremo, ma quello che mi chiedo è se oggi questo genere di manifestazioni abbiano ancora senso.

Ha senso per le Gallerie spendere tutti quei soldi per stare a Bologna due/tre giorni e raggiungere un pubblico che si potrebbe raggiungere in tanti altri modi meno dispendiosi? Con i mezzi che abbiamo a disposizione oggi con la stessa cifra di persone ne raggiungi milioni, non qualche migliaio.

Eppure, sembra che il metodo classico, il metodo “bancarella” vinca ancora.

A livello di business sono un po’ perplesso, ma umanamente lo capisco. È bello ritrovarsi tutti gli anni, farsi vedere, lamentarsi insieme che i tempi sono cambiati, che non si vende più come una volta. Poi l’inaugurazione che ti fa sentire un po’ vip perché tu ci sei e tanti altri no, stare un paio di giorni sotto i riflettori e poi tornarsene a casa confusi e felici di aver preso parte ad una grande kermesse internazionale.

Qualcuno vende, qualcuno no, qualcuno ci rimette, qualcuno ci guadagna, molti forse vanno in pari, ma hanno fatto comunque parte di una manifestazione dove è l’importante è esserci.

Ci sono Gallerie che vivono solo così, se le fanno tutte, in giro per l’Italia, per il mondo e, ovviamente, vendono. Ma a volte mi chiedo se non sia più la fatica che il gusto, come si suol dire. Anche se mi rendo conto che, soprattutto la vecchia generazione di galleristi, non saprebbe lavorare diversamente da così.

Però è buffo, se ci pensate, che nel 2019 centinaia di Gallerie si debbano spostare fisicamente portando con sé a loro volta centinaia di opere, spendendo diverse decine di migliaia di Euro, per tentare la sorte in due/tre giorni in una piccola città del centro nord italiano. Eppure, è così.
Il mercante tendenzialmente vuole fare il mercato ed ecco che giustamente un Ente Fiera che si rispetti fa il proprio lavoro e ti mette a disposizione stand, luci, ribalta e tanta gente disposta pure a pagare un biglietto per entrare.

Non lo so, a volte mi sembra che in certe cose non ci si riesca ad evolvere, che tutto sempre si gattopardizza: tutto cambia sempre (direttori, allestimenti, modalità, gallerie, opere, artisti), per poi rimanere alla fine sempre tutto identico. Ma, se alla fine siamo tutti contenti… andrà bene così!

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