Surrentum | Presentazione del percorso espositivo

Questa mostra dedicata alla pittura italiana del ventesimo secolo è la prima parte di un percorso che si concluderà con una seconda dedicata alla scultura e che si svolgerà da luglio a novembre.

“Visioni Trasversali” vuole essere uno stimolo a guardare ad un secolo d’arte da punti di vista differenti, non convenzionali, che non seguano le classici scansioni della storia dell’arte solita analizzare opere e artisti per periodi e ‘correnti’ di appartenenza; piuttosto cerca prospettive che evochino le atmosfere e le tensioni che hanno attraversato la quotidianità del fare arte, individuando tematiche capaci di intersecare gli umori, i gesti, le vellietà e bisogni che hanno reso lo scorso secolo sicuramente uno dei più instabili e allo stesso tempo imprevedibili e stimolanti di tutta la storia dell’arte.
Questa mostra, quindi, è soprattutto un invito a non chiedersi l’arte “cosa rappresenta?”, ma quali emozioni riesce a suscitare in noi che la guardiamo. Questo perché l’artista del ventesimo secolo, grazie anche all’avvento della fotografia, si allontana dalla necessità di riprodurre il reale e cerca nuove strade espressive e compositive , non solo attraverso la libertà di gestire i colori e forme a proprio piacimento m, ma spesso e volentieri andando al di là anche degli stessi supporti tradizionali, quali sono stati per secoli la tela o la tavola, per affrontare lo spazio oltre la bidimensionalità e i limiti stessi della pittura.
Partiamo quindi dal piano terreno con il corpo – che continua ad essere, come da sempre, il soggetto privilegiato del fare arte ma, qui, quasi un momento di superamento con quello che è stato fin o all’ottocento; e con i nuovi modi di interpretare la natura morta e l’oggetto fino al caso ‘estremo’ di Tano Festa in cui la rappresentazione dell’oggetto diventa l’oggetto stesso.

AI piano superiore, invece, il taglio di Fontana che incontriamo nella prima stanza,restituisce quasi la chiave di lettura di tutto il percorso a seguire dove il concetto, il gesto e il superamento delle tecniche tradizionali fondano il nuovo modo di approcciarsi all’arte; dove la superficie coincide con lo sconfinamento della stessa e ogni regola si trasforma in pura presenza,di luce ed energia cromatica; dove la parola o il segno sono capaci di creare un ritmo autonomo in grado di stimolare nuove tensioni ed equilibri tra l’opera e lo spazio.
Al secondo piano troviamo le opere più ‘materiche’ a partire dal decollage di Rotella che affida al gesto dello strappo del manifesto la trasformazione ed il riuso di immagini già codificate; passando per Burri che tratta la materia come cosa vivente che “si trasforma e si forma a seguito dell’azione del fuoco per arrivare ad Uncini che arriva a ‘costruire’ con cemento e ferri un vero e proprio ‘spazio umano’ che quasi ci accompagna al tema dell’ultima stanza: il paesaggio.
La mostra si conclude infatti con una sorta di ‘corto circuito ‘ tematico che ci ricollega con i concetti di partenza. Il manifesto futurista all’inizio del ventesimo secolo aveva lanciato un’invettiva contro i vedutisti che fin o alla fine dell’800 avevano rappresentato i campi, la quiete, la casetta e il bosco. “Finiamola coi Laghettisti, coi Montagnisti” avevano detto, e la mostra vuole lasciarci l’eco di questa  provocazione; concludendosi dove e quando tutto ebbe inizi o e stimolandoci a riflettere ancora per un po’ sul rapporto, sempre più effimero, fra la realtà e la poesia.

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