Il Mattino | Marineria sorrentina tra storia e gloria | di Vincenzo Aiello
Il brigantino Armida, varato nel 1867 alla marina di Alimuri, Meta.

Il brigantino Armida, varato nel 1867 alla marina di Alimuri, Meta.

Le guerre napoleoniche e i mutamenti politici che ne derivano provocarono una crisi del commercio marittimo meridionale, anche se la riorganizzazione da parte dei francesi dell’arsenale di Castellammare con l’ammodernamento delle tecniche costruttive fu rilevante per la cantieristica sorrentina.

La ripresa dei traffici nel Mediterraneo e nel Nord Europa negli anni Trenta dell’Ottocento trovò i sorrentini pronti alla sfida.

Il cantiere della Marina di Cassano a Piano si adeguò alle nuove costruzioni navali incoraggiate dagli incentivi reali. Le navi erano i brigantini con due alberi armati ‘a coffa’, cioè composti generalmente di tre elementi, albero di maestra, di gabbia e di velaccio, con le rispettive vele quadre più la randa aurica, un’attrezzatura più sicura e versatile per la navigazione d’altura.

Nel 1833 Piano arma 42 brigantini sopra le 200 tonnellate, nel 1837 sono 50. Le rotte vanno dal Mediterraneo al Nord Europa e sono frequenti i viaggi oltre l’Atlantico.

Qualche anno fa abbiamo pubblicato un libro molto interessante curato da Massimo Maresca e Biagio Passaro che raccontava la storia della marineria della Penisola sorrentina: le principali società armatoriali, le scuole, le tradizioni familiari e intere comunità profondamente legate alle attività del mare. Vogliamo riproporvi in questa sede le principali tematiche trattate dal libro per condividere la storia di successo di un settore produttivo molto importante ancora oggi per l’intero paese.

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