Le mutazioni di Francis Bacon

Qualche settimana fa abbiamo inaugurato a Torino una mostra davvero particolare.
La mostra prodotta da con-fine Art per Next Exhibition, la società torinese che gestisce Palazzo Cavour, un bellissimo palazzo in centro.
Questa mostra è un mix composto principalmente di tre ingredienti fondamentali:
– un artista immenso
– una collezione di opere davvero particolare
– un’installazione multimediale

L’artista di turno è un tale Irlandese che si chiama Francis Bacon.
Chi è questo signore? Bacon è sicuramente un pazzo, un visionario, un furioso della creatività; ma anche un genio, una persona estremamente sensibile, una persona continuamente alla ricerca dell’uomo del suo tempo, sicuramente è uno dei più grandi artisti del ’900.
Bacon è un uomo che guarda il suo secolo e non può evitare di rappresentarne la crudezza, la violenza e tutta l’angoscia da cui il secolo è costantemente attraversato.
Questa ricerca la troviamo in una serie di tematiche che nella sua opera si ripetono più o meno ossessivamente e che, in questa mostra, abbiamo cercato, in qualche modo, di ‘isolare’, stiamo parlando delle figure, dei papi, delle teste, delle crocefissioni, dei ritratti…

E tutti questi temi li troviamo qui, in questa mostra, in qualche modo legati da un sottile filo conduttore: che è proprio questo segno che diventa confine.
Ma confine di che cosa?
Se vi troverete a passare da Torino e visitare la mostra, guardando attentamente vi renderete conto che le opere sono in qualche modo collegate da tre elementi principali: lo spazio, la figura in una certa posizione, e il contorno che diventa il limite, il confine quindi appunto di entrambe.
E questo confine anziché separare lo spazio dalla figura, diventa proprio quell’elemento che le unisce, quell’elemento che fa da collante fra il dentro e il fuori, l’interiorità e l’esteriorità, questo confine quindi diventa una linea che unisce e non una linea che divide.

Ed è proprio attraverso questo segno che Bacon si libera da quel ‘cerimoniale’ ottocentesco, che lo vorrebbe in qualche modo rappresentativo e riesce così a restituire all’arte la sua vera funzione: cioè l’arte che cosa dovrebbe fare: l’arte ci dovrebbe aiutare a guardare oltre, a guardare al di là della glorificazione dei personaggi, al di là della glorificazione di sé stessi. Quindi Bacon riesce ad andare ben oltre la classica idealizzazione delle figure, le rende in qualche modo, mutanti ed esasperate.
Quindi mi chiederete: ma mutanti rispetto a cosa?
Paul Klee diceva: non rendere il visibile ma rendere visibile.
Quindi le figure mutano per rendere visibile ciò che non possiamo vedere ad occhio nudo, muta l’immagine, muta il rapporto con il reale, muta il rapporto con ciò che noi crediamo che le persone siano.
Qui entra in campo uno degli aspetti fondamentali dell’opera di Bacon cioè questa costante tensione fra il lirismo e il realismo, fra la voglia comunque di mantenere un contatto con la realtà e infatti in certe opere troviamo dei tratti di verosimiglianza – e dall’altra parte la necessità di distaccarsene per rendere in qualche modo l’opera autonoma.
Sicuramente però quello che Bacon vuole lasciarsi alle spalle rispetto al figurativo classico, è la volontà di narrazione: non c’è un racconto nell’opera di Bacon, le figure stanno lì, nel loro spazio, e interagiscono soltanto con lo spettatore, quasi lo chiamano costantemente in causa, quasi lo aggrediscono per rivendicare la loro presenza, quasi a volte sembra di sentirle urlare, sembra che ti dicano “sono qui, non mi vedi? Sono qui adesso!”.
Quindi, chiunque ha avuto la fortuna di entrare, la fortuna o la sfortuna di entrare nel raggio di azione di Bacon, di questo artista, è stato sicuramente scarnificato, rivoltato e mutato secondo la sua visione.

E quindi lavorando a questa mostra ci siamo chiesti: come ci si può sentire ad essere soggetto di un’opera di Bacon, come ci si potrebbe sentire anche oggi a vedersi mutare, a diventare dei ‘mutanti’?
È molti anni che cerchiamo di fare in modo che nelle mostre il visitatore riesca ad entrare in empatia con l’artista, che la mostra diventi un momento realmente di contatto e di immersione, nella mente dell’artista e questo grazie alla tecnologia, grazie alla multimedialità, grazie a soluzioni interattive e possibile. E quindi riusciamo a far diventare il visitatore soggetto di un’opera di Bacon, quindi attraverso un’installazione multimediale il visitatore si può sentire come fosse stato davanti al cavalletto di Bacon, come se Bacon lo avesse dipinto, come se Bacon lo avesse reso uno dei suoi mutanti.
In definitiva ci si può vedere come ci avrebbe visto l’artista.

Il messaggio che vi lancio quindi è: guardare sempre le mostre senza pregiudizi e senza aspettative, perché potrebbe farvi scoprire degli aspetti della vita, che probabilmente di voi stessi che magari non avreste MAI preso in considerazione.

 

Ascolta qui il podcast del video:

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