I cinquant’anni di Allergia, raccolta poetica (un po’ dimenticata) di Massimo Ferretti

Massimo Ferretti visto da AlexCaselli

Cinquant’anni fa, come è stato da più parti ricordato, veniva fondato il Gruppo 63. Come invece pochi ricordano, in quello stesso anno, veniva pubblicato un libro importante, a suo modo unico nel panorama spesso asfittico della poesia italiana: Allergia, raccolta di poesie con cui il suo autore, il giovanissimo Massimo Ferretti, si aggiudicò il Premio Viareggio opera prima.

Ferretti, che poi subì il fascino dei neoavanguardisti, finendo col pubblicare un paio di romanzi non riusciti (il primo, Rodrigo, sempre del ’63, non totalmente piegato alle sirene delle sperimentazione, il secondo, Il gazzarra, del 1965, totalmente ed inutilmente sperimentale), morirà un decennio più tardi, nel 1974, a soli trentanove anni, a causa di un problema cardiaco di cui soffriva fin dall’infanzia.

Proprio la malattia dovette rappresentare il marchio di diversità decisivo che lo spinse a perdere precocemente ogni inibizione, a scrivere e a pubblicare versi così pateticamente traboccanti di vita. Una vita affermata, negata, vissuta con ironico compromesso, una vita di cui Ferretti si accorse presto di essere allergico, escluso non per sua propria decisione, non da divinità avverse, ma per una fatalità laicamente biologica.

Pasolini, con una delle sue tante formule magiche, parlò, rispetto a questi testi, di «neosperimentalismo espressionista». È una definizione che calza. E il lettore che volesse oggi affrontare Allergia (di cui sarebbe auspicabilissima una nuova ristampa, dopo quella di Marcos y Marcos del 1994) si renderebbe conto di cosa significano e di come si precisano questi termini in Ferretti: uno sperimentalismo letterario e non linguistico (come ha notato a ragione Giorgio Manacorda, forse l’unico critico letterario italiano che si sia occupato con serietà di questo autore) e un espressionismo in cui l’individualità emotiva tende a sovrapporsi all’“io” del soggetto, che assiste con pathos ed ironia alla sua auto-rappresentazione patetica. Il trauma e i paradossi divengono materia da plasmare, con quella vitalità adolescente e frenetica propria di chi non conosce maturità, poiché escluso a priori da una possibile maturazione. Ecco che, quasi a prorogare una laica fatalità da bollettino medico, i testi di Ferretti si allungano in poemetti dalle trame non sorvegliate; poemetti che sembrano, appunto, voler sempre rimandare la fine. Ma ci sono altri casi, in cui la scelta preventiva della prosa, funge da setaccio e filtro, conservando tutto il buono e il necessario di questa vena aperta con appagato furore e sfrontatezza. Il testo che riporto qui sotto, per me bellissimo, non è che un campione riuscito, come altri, di questo autore così impudicamente vitale e così lontano ormai dalla lotta per la vita.

Polemica per un’epopea tascabile

Ero nato per la caverna e per la fionda, per il cielo intenso e il piacere definitivo del lampo: e mi fu data una culla morbida ed una stanza calda. Ero nato per la morte immutabile della farfalla: e l’acqua che mi crepò il cuore m’avrebbe solo bagnato.

Ero nato per la felicità della solitudine e il panico vergine dell’incontro: e mi sono trovato in una folla di eroi incatenati.

Ero nato per vivere: e m’avete maturato nella morte autorizzata dalla legge, nell’orgoglio delle macchine, nell’orrore del tempo imprigionato.

Ma resterò. Resterò a rincorrere la vostra perfezione di selvaggi organizzati nelle palestre, educati nelle caserme, ammaestrati nelle scuole: per la morte veloce delle bombe, per la morte lenta degli orologi delle seggiole dei telefoni. Ma sappiate che io non so nuotare: e il coltello dell’odio e dell’amore l’ho sepolto nel mare.

Alex Caselli

Categories:

No responses yet

Lascia un commento