Costellazione familiare di Rosa Matteucci

Rosa-Matteucci

Era il 1998: Giorgio Napolitano ed il suo omologo austriaco erano al Brennero per attuare Schengen ed una nuova scrittrice, Rosa Matteucci, si affacciava nella gora ancora fervida della letteratura italiana contemporanea con “Lourdes” un atto di accusa spietato nei confronti dei treni della speranza e di quel mondo cattolico miracolistico ed oscuro di cui avevamo già avuto notizia nel “Candido” di Sciascia.

Ora la Matteucci ritorna con “Costellazione familiare (pagg. 167, euro 16; Adelphi)” per rimettere la lama in quella che è una ferita ancora aperta nella società italiana sempre più liquida e globale: l’oscurità della famiglia italiana. Un io narrante che si chiama Rosa camminando per una città che sembra Genova si accorge di un manifestino che promette per una oscura domenica pomeriggio un incontro su “Costellazioni familiari”: una sorta di psicoterapia di gruppo di derivazione tedesca, ma che sembra stia prendendo piede anche nelle nostre lande. Gli intervenuti a questo simposio sotto la direzione artistica (?)  di un tale Woch – più che un santone, un nullafacente creativo –  devono interpretare a turno la vita di ogni singolo adepto: per ricercare nel caso di Rosa nella memoria sgusciante della sua famiglia l’evento scatenante che ha prodotto la propria singolare (?) situazione di elitaria solitudine. Una madre cresciuta da un educatrice tedesca, un padre sognatore cabalistico antesignano di un ludopatico odierno, ma più affascinante in mancanza di sale giochi.

In tutto questo assumono importanza le figure dei cani familiari che legano come moderni link realtà e storie personali non amalgamabili. Il pregio della Matteucci, postmoderna censora di istituti secolari e di odierne imbecillità vintage è dato infine dalla lingua: colta e pervicacemente paradossale. I nostagici di Bufalino, Gadda, Landolfi si abbeverino alla sua profluvie narrativa enciclopedicamente interdisciplinare.

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