Il mistero del giglio scarlatto di Alferio Spagnuolo

Napoli

C’è una strana atmosfera ottocentesca che non è usuale nei gialli da Napoli odierni, che pervade “Il mistero del giglio scarlatto (pagg. 184, euro 10; Robin edizioni)”, il nuovo noir scritto dal 50enne Alferio Spagnuolo, che avevamo già letto nel 2006 in “L’ultima verità (Kairòs edizioni)”, giallo scritto però – a quattro mani – con il padre Antonio Spagnuolo, che è uno dei maggiori e prolifici poeti italiani viventi. Si è emancipato Alferio ed il prodotto che abbiamo letto ci ha convinto.

Immaginate allora Napoli trasformata in una novella Londra dove agisce un redivivo Jack lo squartatore: sì, proprio quella Napoli “restia a codici da decifrare (…) in cui i sogni traditi si mescolavano allo stridio di auto della vigilanza notturna”. Viene ritrovata a Vico San Sepolcro una ragazza uccisa privata degli organi riproduttivi che le sono stati asportati: ed è Giulio Salvati, il commissario di Montcalvario pigro e riflessivo, che in forza della competenza territoriale, è destinato a rintracciare quello che si manifesta da subito come un serial killer della peggiore specie che sfida gli investigatori con profferte di pizza, bombe e minacce.

Gegé De Angelis, Nadia Morelli, la vice Cuomo, l’attendente Percuoco: l’intera squadra di Salvati è al lavoro per arrestare quello che appare come un maniaco, mentre nella Chiesa dei Sette dolori il parroco Don Mimì nota sparizioni di ostie – ma nasconde all’amico qualcosa – ; e la giornalista Allocca, una psichiatra prestata all’inchiesta, è una presenza non chiara. Come mai le vittime tutte femminili che si vanno accumulando rispondono pedissequamente al dettato narrativo inglese di Whitechapel?, quando si arriverà alla Mary Kelly anglosassone?, finirà il tutto nell’impunità come il precedente criminoso londinese? Domande che lasciamo al lettore…

Di Spagnuolo – Alferio – vogliamo solo dire che a differenza dei suoi epigoni partenopei non costruisce solo meccanismi narrativi che incuriosiscono il lettore di genere, ma arricchisce l’ordito con una lingua classica e con connotazioni storiche sui luoghi della Città che non ne appesantiscono il testo.

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